- 19 Agosto 2022
- Posted by: Aldo Massimo Rossi
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Nella nuova legge che ha riformato il processo tributario viene introdotta una norma che prevede l’onere della prova a carico del Fisco in sede di accertamento.
In particolare, è stabilito in primo luogo che l’Amministrazione finanziaria “prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato”.
Finalmente il legislatore ha inteso esplicitare un principio che dovrebbe regolare da sempre l’accertamento tributario, ossia l’obbligo per il il Fisco di fornire la motivazione e la prova.
Fin qui la parte positiva della modifica legislativa.
Suscita invece preoccupazione la parte in cui si stabilisce che “L’amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l’atto impugnato”. Ancora una volta una norma scritta veramente male e che potrebbe essere interpretata come una riabilitazione della teoria risalente, ancora diffusa in Cassazione e lesiva del diritto di difesa, secondo cui il ricorso sarebbe una provocatio ad opponendum.
Secondo questa teoria l’Agenzia potrebbe assolvere all’onere probatorio “in giudizio” non essendo “tenuta a includere nell’avviso di accertamento notizia delle prove poste a fondamento del verificarsi di alcuni fatti, né a riportarne, sia pur sinteticamente, il contenuto” (Cass. 18 aprile 2003 n. 6232). In tal caso sarebbe evidente la lesione del diritto di difesa: il contribuente non sarebbe posto nelle condizioni di conoscere le prove poste a fondamento della pretesa tributaria al momento del ricorso, con pregiudizio del contraddittorio.